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LUGLIO/AGOSTO 2017 /

Mixer

91

La lavorazione richiedeparticolare cura e tempi lunghi:

il disciplinareprevede infatti che la raccoltadei frutti sia

eseguita amano in estate, con una resamassima pari a

80 tonnellateper ettaro. Il pomodorovienesottoposto

a un accurato lavaggio, quindi a una selezione. Succes-

sivamente vengono calati in acqua bollente per poche

decine di secondi affinché la buccia si ammorbidisca

e possa quindi, dopo un’incisione, essere eliminata.

Anche il confezionamento del prodotto avviene pre-

valentemente a mano.

ATTENTI ALLE IMITAZIONI!

Il pomodoroSanMarzanoèunodei prodotti alimentari

italiani più “imitati” al mondo, con grave pregiudizio

per l’economia del territorio (il prodotto infatti tro-

va storicamente uno sbocco importante sul mercato

estero). Se ne produce in Asia, negli Stati Uniti, dove la

parola

sanmarzano

addiritturastadiventandosinonimo

di

tomato,

ma anche nella stessa Europa. Ha destato

scalpore, recentemente, il casodi un’aziendabelgache

coltivaecommercializzaSanMarzano. Legittimamente,

peraltro, secondo ilCommissarioEuropeoall’agricoltu-

ra Phil Hogan. Perché il marchioDOP tutela il prodotto

lavorato e non l’ecotipo, che può essere liberamente

coltivato e trasformato in tutto il mondo. E anche i

pelati SanMarzano lavorati fuori dal territoriocampano

sarebbero legittimi purchénon faccianoriferimentoalla

zona di provenienza dei prodotti tutelati dal marchio

DOP, cioè l’agro Sarnese-Nocerino.

In altre parole, occhio al bollino: solo quello originale

ha il marchio DOP.

IL POMODORINO DEL PIENNOLO

DEL VESUVIO

Altro prodotto della terra campana che, dal 2013, può

fregiarsidelmarchioDOPè il “PomodorinodelPiennolo

del Vesuvio”. Già nel 2001 questo gustosissimo frutto

rosso era stato preso sotto tutela da Slow Food Italia

che aveva creato un apposito “presidio” per salva-

guardare la biodiversità varietale di questo prodotto

del territorio vesuviano e preservare una centenaria

tecnica di conservazione del prodotto.

Con il nome di Pomodorino del Piennolo del Vesuvio

sono raggruppati gli ecotipi di pomodorini della specie

LycopersiconesculentumMill, lecui varietàpiùnoteso-

no i pomodorini “Fiaschella”, “Lampadina”, “Patanara”,

“Principe Borghese” e “Re Umberto”, tutti coltivati in

meno di venti comuni alle pendici del Vesuvio.

Come nel caso del San Marzano, le piante sono ad

accrescimento indeterminato. Il fruttoè invecedi forma

ovale con apice appuntito e buccia spessa di color ver-

miglio.Possonoessereconsumati freschi (entroquattro

giorni dalla raccolta) oppure conservati – appunto – “al

piennolo”: i grappoli di pomodorini, una volta raccolti,

possonoesseremessi suun filodi fibravegetale legato

a cerchio, così da comporreununicograndegrappolo,

detto “piennolo”, del peso, a termine conservazione,

compreso fra 1 kg e 5 kg. I piennoli sono conservati

appesi, in luogo asciutto e ventilato.

Le peculiarità del Pomodorino del Piennolo del Vesu-

vio sono la elevata consistenza della buccia, la forza

di attaccatura al peduncolo, l’alta concentrazione di

zuccheri, acidi e altri solidi solubili che lo rendono un

prodotto adatto alla conservazione senza che nessuna

delle sue qualità organolettiche subisca alterazioni.

Dal punto di vista del sapore, la salsa ottenu-

ta dal pomodorino del piennolo ha una forte no-

ta acidula, un retrogusto amarognolo che deriva

dalla buccia spessa e una consistenza più

densa rispetto alla salsa di San Marzano.

I POMODORINI

DEL PIENNOLO DEL VESUVIO

E I CAMPI IN CUI SI COLTIVANO