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Mixer
/ SETTEMBRE 2017
Il Sommelier
NEL CENTRO DEL MEDITERRANEO UN’ISOLA DALLE PECULIARITÀ UNICHE,
CARATTERIZZATE DA VITIGNI, ZONE DI PRODUZIONE E STILI ENOLOGICI. UN
PATRIMONIO CHE PURTROPPO HA ANCHE UN GRANDE NEO, UNO SOLO PERÒ
Romagnolo verace,
Luca Gardini
inizia giovanissimo la sua
carriera, divenendo Sommelier
Professionista nel 2003 a soli 22
anni, per poi essere incoronato,
già l’anno successivo, miglior
Sommelier d’Italia e – nel 2010 –
Miglior Sommelier del mondo.
U
na, unicaeprima. LaSicilia, quelladel vino, intendo,
racchiude tutte e tre queste caratteristiche, con un
soloneo. Partendodai lati positivi, l’isolapiùgrande
del Mediterraneo non solo è la prima regione ita-
liana per quanto riguarda la superficie vitata, ma costituisce
addirittura il 2% della produzione mondiale relativa al vino.
A questo vanno associate le diverse condizioni, climatiche e
geologiche, in cui le uve crescono, ed eccovi servita l’unicità
dellaviticoltura isolana.Accantoacondizionimeteodifferenti
(sull’Etna, ad esempio, c’è neve quando a Catania pensano
già alla spiaggia) qui incontriamo numerosissime, per non
dire infinite, varianti geologiche.
Dal calcare del Ragusano ai suoli di origine vulcanica dell’Et-
na, terra in cui la geologia non ha mai del definito, viste
le continue eruzioni vulcaniche. Non vanno poi infine di-
menticati quei suoli rossastri ricchi di alluminio, da cui non
solo si ricavavano minerali per fare ‘pignatte’, ma anche
vini ottenuti da una varietà conosciuta – appunto – come
Pignatello o Perricone.
Al di là dell’aneddoto di utensileria gastronomica vorrei
sottolineare due aspetti fondamentali del Perricone, ma il
discorso potrebbe essere esteso anche ad altre uve isola-
ne, ovvero l’essere autoctono ed essere piantato su diversi
territori (ad es. il Perricone lo troviamo in tutta la Sicilia
centro occidentale).
di Luca Gardini
Sicilia numero 1,
per tanti motivi
LA PROFESSIONE
VOCE AL TERRITORIO
La scelta, sempre più diffusa, dell’autoctono ha per altro con-
tribuito a debellare, salvo casi rari anche se fortunatamente
virtuosi, la sindrome da vitigno internazionale. Una fissa di
quei produttori che per darsi un tono cosmopolita, hanno per
molti anni percorso la via di Cabernet, Merlot e Chardonnay.
Gli assaggi in anteprima delle nuove annate delle etichette
prodotte dai soci aderenti ad Assovini ha messo in luce che
proprio i vini ricavati da vitigni autoctoni piantati nei rispettivi
territori d’elezione, sono risultati come i più convincenti tra i
nuovi sorsi della Sicilia del vino.
LA SOLITUDINE DELLA DOCG
Dopo l’unicità –termine da declinare al plurale viste le nume-
rosissimepeculiaritàdel vinosiciliano- veniamoal numerouno.
Non si tratta in questo caso di un primato, ma di una nota
dolente; ancheseunica. LaSicilianonostantesiacaratterizzata,
comedetto, da numeri spessoabbinati aqualità, può vantare,
ad oggi, solo una Docg. L’oggetto è il Cerasuolo di Vittoria,
ottenuto da un blend di uve nere: Nero d’Avola e Frappato.
E i tanto modaioli vini dell’Etna o i vari passiti? In entrambi
i casi siamo fermi alla Doc (Passito di Pantelleria, Malvasia
delle Lipari ed Etna in versione bianca ma anche in quella
rossa). I motivi che ancorano la regione a quota 1 in fatto di
Docg sono tanti e molto complicati. Non vorrei tuttavia che
questo non permettesse alla Sicilia di crescere come merita,
specie in un momento dove la qualità media si è alzata note-
volmente e in maniera da toccare quasi tutti i territori. Pen-
siamo d’altro canto che, specie all’estero, ring su cui la Sicilia
potrebbe essere protagonista con le proprie etichette per
altroproposteaprezzimoltocompetitivi, il possedereomeno
la Denominazione di Origine Controllata e Garantita risulta
essere, per un vino, un requisito quasi indispensabile
attraversocui giudicarne laqualità, al di làdell’assaggio.