FEBBRAIO 2018 /
Mixer
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Il Sommelier
DAL RÜLANDER AL FRIULANO, DAL VERDICCHIO AL GRECHETTO,
ALCUNE PROPOSTE DA SPERIMENTARE NEL NUOVO ANNO
Romagnolo verace,
Luca Gardini
inizia giovanissimo la sua
carriera, divenendo Sommelier
Professionista nel 2003 a soli 22
anni, per poi essere incoronato,
già l’anno successivo, miglior
Sommelier d’Italia e – nel 2010 –
Miglior Sommelier del mondo.
A
nno nuovo vita nuova, quella del vino cambia ven-
demmia dopo vendemmia, in una rinascita che ha
quasi del religioso. Ioche sonodevotoall’assaggio
non mi posso ovviamente sbilanciare sull’annata
2018, anche se il freddo di questa parte d’inverno, farebbe
pensare a una bella partenza perché la vite, per arrivare bene
al traguardo della vendemmia, deve riposare nei mesi freddi.
I millesimi precedenti sono la celebrata 2015 e quella 2016
che, secondo il palato di chi scrive, probabilmente supererà
proprio la 2015 in tenuta nel tempo domani e in finezza già
oggi. Entusiasmo freddino per la torrida 2017, ma qualche
vitigno, penso alla Barbera, ci darà belle e buone soddisfa-
zioni. Agli “albori” di questo 2018, vorrei lasciarvi alcuni nomi
relativi ai vini da assaggiare nel corso dell’anno.
BIANCHI DA NON DIMENTICARE: IL RÜLANDER
Se all’iniziodicevamodi cambiare registro, allora vorrei segna-
larvi solovini bianchi, tipologia spessosottovalutatanel nostro
paese, anche se da anni ormai possiede una qualità comples-
siva non meno che buona, riuscendo addirittura a elevarla nel
tempo, se sottoposta a un corretto e prolungato affinamento
in bottiglia; pazienza di chi assaggia permettendo. Un mare
di vitigni autoctoni e varietà non propriamente di casa nostra,
questeultime inmolti casi talmente radicate incerti territori da
essere, di fatto, ormai assimilabili all’autoctono, in virtù di quel
reale jus soli che la natura mette in atto da ieri, mentre l’uomo
ancora s’interroga se realizzare o meno. Iniziando a fare dei
nomi vorrei segnalare il Rülander della cantina atesina Ceo. Si
tratta a tutti gli effetti di un Pinot Grigio: Rülander è il nome
che il vitigno acquista nei paesi di lingua tedesca, prodotto da
una giovanissima cantina (l’annata 2016 è il loro primo millesi-
mo) di Salorno. Il loro logo, riportato anche in etichetta, è una
di Luca Gardini
LA PROFESSIONE
chiave, a simboleggiare la collocazione dell’azienda: Salorno è
il paese che rappresenta la porta dell’Alto Adige, ma è anche
il simbolo di un vino che mira a farci entrare nella più autentica
identità gustativa del Pinot Grigio. Ceo, nonostante il nome
che potrebbe far pensare a un manager rampante – c’entra
niente invece - ha l’umiltà di una realtà che lavora in piccolo,
cercando di far grande un vitigno che ancora soffre di tante,
troppe, interpretazioni sul tema.
TENUTA BELTRAME, IL VERO FRIULANO
Lavorare per far emergere il trio vitigno-territorio-annata è lo
stesso fil rouge (strano colore parlando di bianchi!) di un’altra
cantinachevorrei segnalarvi. Si chiamaTenutaBeltrame, siamo
in Friuli, e allora cosa c’è di meglio di un Friulano vero? Il vitigno
è nient’altro che l’ex Tocai costretto a cambiar nome da una di-
sputainternazionale,purtroppopersadall’Italia.Quellochenon
si perderàmai è il caratteredi ungrappolocheTenutaBeltrame
produce in maniera coerente con il carattere dell’annata e con
quelle inclinazioni che l’uva assorbe dal terroir. La tendenza a
privilegiareunvinocheporticonséunrealemessaggiodelterri-
torioedell’annata,rispettoadunwhatsappfruttodellesole incli-
nazionienologichedelproduttore,èunaspettosemprepiùpre-
sente,senonaddiritturafondante,neivinibianchidicasanostra.
ANCORA QUALCHE DRITTA…
Volendo dare altri consigli per i vini del 2018 potrei citare il
Verdicchio Pignocco dell’azienda Santa Barbara, dal profilo
salatoedallabeva incontenibileoppure il Grechettodi Leonar-
do Bussoletti chiamato Colle Ozio, un vino che poco indugia,
nonostanteilnome,andandodrittoaungustoagrumato,salato
ebalsamicodi erbearomatiche.Scendendoal sudleeccellenze
bianche, contrariamente a quanto i più possano pensare, cre-
scono in quantità e addirittura qualità. Se i vini dellaCampania,
fatte salve le rispettivepeculiarità, nonhannomeno freschezza
o capacità di reggere il tempo rispetto ai sorsi di latitudini più
nordiche, lo stesso accade a molti vini siciliani, specie quelli
dell’Etna. Ecco allora che il mio consiglio, tra i tanti che andreb-
bero dati, va all’Etna Bianco prodotto da Giovanni Rosso, già
eccellente vigneron in quel di Barolo. Un vino che ribadisce
l’intelligenza di un produttore che arriva in un luogo
non suo, ma con garbo e tecnica lo valorizza al meglio.
2018: andiamo
“in bianco”?