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FEBBRAIO 2018 /

Mixer

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Quali benefici si ottengono frequentando i suoi corsi?

In una parola, diventare un Profit Manager, ovvero

un manager che conferisce “valore” alla sua azienda

traendone il massimo profitto.

Quali tematiche ha affrontato sino ad ora?

Naturalmente le tematiche “classiche” del Food and

Beverage Management (Food cost, Costo Totale di

unPiatto,MenuEngineering, Trenddella ristorazione,

etc.), e non solo.

Qualche esempio pratico?

Come motivare il personale extra e stagionale, è un

percorso formativo nato per le continue “richieste di

aiuto”dapartedi aziendeche lavorano stagionalmen-

te per rendere “lavoratori efficienti” anche coloro

che non hanno un passato e, presumibilmente, non

avranno un futuro in quel punto vendita.

Oppure, ‘Fast Way for Restaurant’, un corso attivato

dopo l’arrivo di una consulenza da parte di un risto-

ratore sardo. Il gestore aveva diversi problemi nel

suo locale: pensare, decidere, fare e far fare nella

sua azienda ogni giorno diventava più complesso a

causa dei conflitti tra lui e i soci e alla demotivazione

e disorientamento del personale. La consulenza che

gli proposi fu un successo e una rivoluzione, in sole

5 ore ottenemmo risultati insperati.

Qual è il tasto dolente nella gestione di un

pubblico esercizio?

Non uno, ma più di uno. Citerò quelli che, a mio

avviso, sono i più comuni a partire dalla radicata

convinzione del management che se le vendite non

si sviluppano come un tempo sia colpa prevalente-

mente di ciò che accade fuori dalla propria azienda

e non che possa dipendere da ciò che internamente

viene fatto e si propone al cliente.

Ci si mette in discussione sempre molto poco. Poi,

vi è il mancato riconoscimento da parte del gestore

della sua reale e personale posizione aziendale, del

suo conseguente ruolo e delle sue mansioni. Chi

gestisce un esercizio pubblico, oggi, è un manager

a tutti gli effetti, è un leader, un responsabile del

cliente, un cost controller, un analista, un uomo di

marketing.

Last but not the least, il poco o nullo riconoscimen-

to dell’importanza della figura del cameriere, che da

sempre definisco consulente di sala, l’interfaccia che

il cliente ha con l’azienda.

Quale invece l’uovo di Colombo?

Un ristorante è un “prodotto rigido” in un mercato

estremamente dinamico. L’uovo di Colombo è la dut-

tilitàacquisibileattraverso l’applicazionedelletecniche

di ‘RestaurantRevenueManagement’.Valersi di questa

innovativametodologia permetterà a un ristoratore di

occupare molto più facilmente quei coperti che oggi

non riesce a “vendere” (molto spesso si tratta dei co-

perti dei giorni feriali), oltre a marginare molto di più

da quelli venduti nei giorni di massima occupazione.

Praticamente, una rivoluzione.

In definitiva, come applicare tecniche di

marketing in ambito ‘fuori casa’?

Darle una risposta esauriente significherebbe rife-

rirle gran parte del mio secondo libro “Strategie di

vendita per un ristorante di successo”. Mi limiterò a

raccontarle un’immagine del libro, emblematica per

i fondamenti di marketing in ambito “fuori casa”. Un

imprenditore seduto su una poltrona di fronte a una

finestra che guarda prima fuori dal suo ristorante,

verificando e analizzando i cambiamenti del merca-

to, poi dentro, per appurare che la sua azienda sia

sufficientemente in grado di “esserne in linea”, e di

nuovo fuori, per sincerarsi che il suo prodotto sia per-

cepito/compreso dal cliente nelle sue effettive

peculiarità. Il finale presumo l’abbiate inteso…