Table of Contents Table of Contents
Previous Page  40 / 108 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 40 / 108 Next Page
Page Background

THE ROUTE

di Flavio Angiolillo, titolare

del Mag, 1930, Back Door 43,

Barba e Iter di Milano

Tecnica:

Stir and Strain

Ingredienti:

20 ml Old Sailor Coffee

20 ml Ribolla Gialla

15 ml Maple Spirit Distillerie

de Paris

30 ml Cocchi Rosso

2,5 ml Fernet Branca

38

Mixer

/ APRILE 2018

DOSSIER COCKTAIL

Inchiesta

di alzare i margini di guadagno. Senza sottovalutare

che essendo i drink con il vino più leggeri, spesso i

clienti ne bevono anche due o tre”, evidenzia

Flavio

Angiolillo,

titolare insieme a

Marco Russo

e soci a

Milano

del Mag, 1930, Back Door 43, Barba e Iter.

Non meno importante: i cocktail con il vino (e que-

sto vale anche per quelli con le bolle) permettono

di limitare gli sprechi. “Personalmente, ho iniziato

a indagare il connubio tra vini fermi e drink qualche

anno fa per non buttare

le bottiglie aperte pro-

poste al calice”, raccon-

ta

Carlo Simbula

, head

bartender di The Spirits,

cocktail bar in viaPiacen-

za a Milano.

Ma quali tipi di vini fermi

bianchi usare?

Non ci sono regole.

“Esclusi i pregiati, più

che altro per ragioni di

drink cost, con il bianco

si può spaziare. Ideali,

comunque, sono quei

vini profumati come

il Traminer”, chiarisce

Simbula

.

COME USARE

I VINI BIANCHI

La ricerca è appena ini-

ziata e le opportunità da

scoprire ancora tante.

Qualche spunto?

Un’idea è quella di uti-

lizzarli come ingrediente

dopo averli aromatizzati. “Per esempio, se mettiamo

in un mixing glass del vino bianco fermo insieme a

miele, whisky, delle spezie e un liquore creeremo una

sorta di rivisitazione del vermouth”, osserva

Flavio

Angiolillo

. Che al suo Mag prepara un drink con vi-

no bianco, caffè, amaro di Farmily, scotch whisky e

vermouth.

Ma i vini fermi bianchi si possono anche sperimenta-

re in purezza come ingredienti per drink originali e,

magari, dal forte connotato locale.

Lo Spritz occasione di business

e strumento di cultura

Un paragrafo a sé merita lo Spritz, entrato con prepotenza

nelle case e nelle abitudini di consumo degli italiani grazie

al traino della pubblicità e delle campagne di marketing di

alcune aziende. Aperol in primis. Molti barman, però, non lo

amano perché è poco caratterizzante e replicabile ovunque.

Alcuni per filosofia non lo preparano nemmeno su

ordinazione. La verità? Noi non condividiamo questa posizione

di chiusura assoluta. E qui vi spieghiamo il perché.

Intanto, “è facilissimo e velocissimo da realizzare e consente

ampi margini di guadagno. Non solo: si presta a delle

varianti nel segno del km 0”, evidenza

Edoardo Sandri

, head

bartender dell’Atrium Bar del Four Seasons Hotel di Firenze

che tra i signature drink estivi offre un Bellini con prosecco e

pesca bianca fresca blendati per un effetto mousse. “I vitigni

autoctoni e la biodiversità sono tra i tesori più preziosi che

possediamo: in questo senso, utilizzare vini del territorio

nello Spritz ci permette di avere una personalità e unicità che

diventa un plus”, aggiunge.

Non solo: lo Spritz può essere

rivisitato con successo. Due esempi

virtuosi: il

Moulin Rouge

dello stesso

Sandri, con prosecco, St. Germain

e frutti di bosco e il raffinato

Italian

Beauty

di

Guglielmo Miriello

.

Infine, può diventare uno strumento

per diffondere la cultura del bere

miscelato e fare scoprire ai clienti

nuovi sapori. Come? “Lo Spritz è

un cocktail leggero, abbastanza

dolce e facile da bere. Ai clienti

che lo ordinano abitualmente si

può proporre, in alternativa, una

variante dell’Americano con due

parti di vermouth e una di bitter,

quindi più morbido”, suggerisce

per esempio

Angiolillo

.

Foto: Nicole Cavazzuti

CARLO SIMBULA

PREPARA

IL FRENCH 75

IL MOULIN

ROUGE