APRILE 2018 /
Mixer
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Quanto ti è servito aver sperimen-
tato in prima persona il mestiere di
cuoco nella tua professione attuale?
Davvero tanto, perché l’esperienza
pregressa mi consente di immedesi-
marmi nei cuochi con cui collaboro:
poter stabilire un rapporto empatico
e profondo con un cliente è sempre un
grande valore aggiunto nel mestiere
di fotografo.
Cos’è per te il foodporn?
Per il miomodo di vedere, la definizio-
ne fa riferimento ad un modo di foto-
grafare i piatti che non intende essere
una condivisione che li valorizzi o li
faccia apprezza-
re, ma piuttosto
un’azione com-
pulsiva, quasi ef-
fimera. Si scatta
una foto perché ora il cibo va di moda
e si ha un telefonino con fotocamera
in mano. Attenzione, non delegittimo
l’uso del cellulare, ma può essere fatto
in maniera migliore.
Quanto è importante dare la giu-
sta rilevanza estetica alle proprie
creazioni culinarie e utilizzare con
efficacia i social?
Usare i social inmaniera oculata e con-
sapevole, per far vedere e parlare di
sé, specialmente se si è un ristoratore,
è un’ottima cosa. Spesso purtroppo si
tende a fare da soli, dalle foto ai testi
fino all’intera gestione e si possono
fare tanti pasticci ottenendo risultati
molto poco promettenti.
Secondo te perché oggi la rilevanza
delle immagini è assurta a un ruolo
così importante?
proprio dalle privazioni che
nasce questo trionfo dell’a-
limentazione.
“Si tratta di un paradosso –
spiega
Luisa Stagi docen-
te di Sociologia generale
all’Università di Genova
–
che affonda le sue radici nel
passato: già alcuni decenni
orsono, accanto ai libri di ricette, andavano alla grande quelli
di dieta. Ciascuno nel suo privato era quindi chiamato a ge-
stire la contraddizione. Oggi dai libri ci si è spostati alla tv e
al web. Ed è in questi nuovi contesti che fiorisce il foodporn,
propensioneesasperataa fotografarecibi perpoi condividerli
con la comunità di riferimento.”
Qual è il ruolo attribuito oggi alle immagini?
Innanzitutto, direi, la foto postata e rilanciata sul web deve
interpretarsi come una sorta di cartolina dei luoghi del gusto:
prima le immagini parlavano di luoghi geografici, ambienti e
paesaggi, oggi c’è stata una sorta di slittamento.
Le immagini raccontano la nostra capacità di scegliere e la
nostra selezionesi invera, si amplificaesi riverberanegli scatti
ripetuti e (qualche volta) persino tronfi, in una perenne gara
a chi fotografa di più, a chi immortala il cibo più ghiotto e
originale. E poi non si può ignorare anche il fatto che il cibo
oggi ha acquistato sempre più una valenza “politica”, con-
trapponendo credo diversi: onnivori/carnivori da una parte
contro vegetariani/vegani dall’altra.
La foto del piatto preferito, in altri termini, parla del nostro
modo di essere, dei nostri valori, dei nostri convincimenti.
Essere personali:
avere la con-
sapevolezza di comunicare le proprie
peculiarità e la propria identità in modo
personale e possibilmente originale.
1.
Posizione:
nel formato quadrato
di Instagram è ottimale che il “sog-
getto” delle foto, che sia food o un
ritratto al personale, sia centrato.
2.
Punto di vista:
fotografare il
food quasi sempre con un angola-
zione di 45 gradi. Se il cibo ha poco
volume come una zuppa meglio fare
la foto dall’alto a 90 gradi, mente se
ha un grosso volume, per esempio
un hamburger, allora meglio scattare
in maniera frontale.
4.
Composizione:
riempite tutta
l’immagine perché sarà meglio visua-
lizzata sul piccolo schermo del cellula-
re, dove la maggior parte degli utenti
guarda Instagram.
3.
FOTO CHE FANNO
LA DIFFERENZA:
il decalogo di Andrea Fongo
Linee dritte e regolari:
evitare
di fotografare il cibo/piatto inclinato
e nelle foto degli interni del locale
mantenete le linee verticali e oriz-
zontali dritte.
5.