C
hi, oltre che destreg-
giarsi tra i fornelli, lo
fa anche tra i social, si
sarà imbattuto nel #fo-
odporn. Per i meno avvezzi a questa
terminologia, non ha nulla a che
fare con il VM18 (vietato ai minori).
Il termine è stato coniato nel 1984
dalla scrittrice femminista Rosalind
Coward, in un libro intitolato “Fema-
leDesire -Women’s sexuality today”,
in cui sosteneva che l’estetica del
piatto stava assumendo importan-
za maggiore degli ingredienti, del-
la preparazione e di chi lo aveva
cucinato.
Complici i social, la tendenza al
voyerismo del cibo è esplosa e ha
portato con sé tanti altri fenomeni:
l’importanza data agli chef, il dila-
gare di libri e programmi televisivi
dedicati al cibo. Per non parlare della
mania di condividere le fotografie
di quello che si ha nel piatto, che
sia frutto delle proprie mani o di
quelle di un grande chef. E così a
decretare il successo di un ristorante
non è più solo la qualità dei piat-
ti in menù, ma anche la loro resa
fotografica visibili sul sito, pagine
social e brochure aziendali.
La soluzionepiùefficaceper chi vuole
far figurare al meglio i propri piatti
è sicuramente quella di affidarsi a
un professionista, meglio ancora se
specializzato nella fotografia gastro-
nomica. Per aiutare chi vuole provare
a cimentarsi con questa difficile arte,
magari armato solo di uno smartpho-
ne, abbiamo chiesto qualche dritta
a Renato Marcialis, che dal 1976 si
dedica alla food photography.
LUCE
Nelle cucine professionali c’è spesso
una grande quantità di luce, che è
indispensabile per realizzare delle
belle foto. Bisogna però stare attenti
alle
temperature delle fonti lumino-
se: una luce troppo fredda potrebbe
alterare l’immagine del prodotto. La
luce per una foto di gastronomia
deve essere calda, altrimenti il piatto
assume sfumature poco appetibili.
Se, pur nel poco spazio libero di
una cucina professionale, ci si ri-
uscisse a ritagliare un angolo per
un piccolo set fotografico, sarebbe
sufficiente disporre di un piccolo
illuminatore a led in formato 30x40
con davanti una lastra in plexiglas
opalino, da posizionare a h 11.00 o
a h 2.00 rispetto al piatto da foto-
grafare. Una sola fonte luminosa in
questa posizione permette di creare
dei chiaroscuri interessanti per dare
risalto al piatto.
ANGOLO DI RIPRESA
Nella fotografia culinaria, si può
scegliere la ripresa zenitale, ovve-
ro dall’alto, oppure quella a 45°.
Quest’ultima permette di catturare
meglio il volume del piatto, mentre
quella dall’alto tende a schiacciare.
L’immagine zenitale può essere inte-
ressante quando il piatto è decorato
con grafismi particolari che risaltano
AGO. SET. 2017
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Renato Marcialis