«Insomma, a influenzare il prezzo del drink sono più
fattori: certamente ha un notevole peso la qualità delle
bottiglie degli spirits e delle materie prime - l’utilizzo
di ingredienti premium può anche duplicare i costi-, ma
contano pure la posizione e le dimensioni del locale,
nonché l’esperienza e la professionalità -e di conseguenza
il compenso- dei dipendenti», aggiunge. Il drink cost è
condizionato anche dall’offerta di food per accompagna-
re il drink: «Il prezzo del cocktail sale quando durante
l’happy hour si offre il buffet libero o un piatto di finger
food di qualità. Per contenere le spese senza mettere in
discussione la qualità occorre ridurre le porzioni», osserva
il barman
Riccardo Nardone
, che ha curato il lancio e
la carta cocktail del
T’A
, il nuovo locale di Tancredi e
Alberto Alemagna a Milano.
E sulla stessa linea è
Filippo Sisti
, barmanger di
Carlo
e Camilla in Segheria
, a Milano: «I cocktail bar che
applicano la formula dell’happy hour con drink e buffet
libero a 8 o 9 euro vanno in perdita inevitabilmente, a
meno che non utilizzino prodotti di bassa qualità. Per
ottenere un guadagno e usare materie prime premium
bisognerebbe fare pagare tra i 15 e 20 euro», tuona.
Tenete presente poi che i prezzi non devono solo coprire
i costi e garantire un margine di guadagno, ma essere
anche in linea con il target di riferimento del locale: «In
questa logica un cocktail bar che aspiri all’esclusività e a
una clientela con alta capacità di spesa manterrà servizi,
qualità e prezzi più alti della concorrenza proprio per
scremare il pubblico», chiarisce Nardone.
luca piccHi
riccardo NardoNe
e i suoi cocktail