OTTOBRE 2016 /
Mixer
43
C
apita spesso che una grande intuizione eno-
gastronomicanatanel Bel Paesesbarchi all’e-
stero, venga trasformatadai gusti internazio-
nali e ritorni da noi con un nuovo nome. È un
po’quellocheèsuccessocon
lo
street food
: un termine
anglofonoche forseassocia-
mo più ai bagel o agli ham-
burger, ma che si ricollega
all’italianissimatradizionedel
cibodi strada
, rivisitatanella
chiavegourmetefusion
che
caratterizza le tendenze più
contemporanee.
Eseuntempo il cibodi strada
era soprattutto il panzerotto, la piadina o la pizza al
trancio presi al volo, oggi lo street food è un vero e
proprio
formatdi ristorazione
. L’ultimaguidadedicata
del
Gambero Rosso
censisce ben
450 indirizzi
, che
spaziano da nord a sud e dalle grandi città alle località
turistiche e i piccoli borghi.
L’ESTATE 2016 CONSACRA
LO STREET FOOD
Il 2016è l’annochestamarcando l’autenticaesplosione
di questamodalità del fuoricasa. Un’indaginedi
Coldi-
retti
rivela che
due italiani su tre
hanno assaporato il
cibo di strada, soprattutto durante la stagione estiva.
Tra questi,
l’81%
preferisce il cibo della
tradizione
locale
,
il 13%
sceglie quello
internazionale
– come gli
hot-dog–e
solo il 6%
i
cibi etnici
come il kebab. Innetto
calo rispetto al passato, sottolinea l’organizzazione.
Ma se gli italiani continuano a privilegiare i sapori che
forse hanno imparato ad amare nell’infanzia,
dove sta
la vera innovazione
? Tanto per cominciare nella
tec-
nologia
, che ha trasformato bugigattoli e food truck
in vere e proprie cucine professionali,
e nel
design
,
grazie al quale furgoni o tradizionali vetrine su strada
da pochi metri quadri ormai non hanno niente da in-
vidiare ai format stanziali più di tendenza.
E poi, naturalmente, ci vuole l’“ingrediente segreto”:
la
creatività
dello chef, che deve essere capace di
riproporre in modo nuovo
la tradizione, ad esempio
con
ingredienti salutistici o a km zero
, o con
moda-
lità di fruizione innovative
. Creatività che sempre più
spesso
si fa business
: Coldiretti aggiunge, infatti, che
stanno incominciando ad affermarsi anche in Italia le
prime
catene specializzate
.
L’interesse verso questo comparto anche da parte di
realtà di maggiori dimensioni non stupisce: non solo
siamotra ipopoli europei che
più di tutti amano
mangiare
fuori casa
,manoi italiani sia-
mo senza dubbio quelli che
apprezzano maggiormente
la
diversificazione dell’of-
ferta
. Secondo
FIPE
– Fe-
derazione Italiana Pubblici
Esercizi, il nostro è il Paese
europeo con il più alto rap-
porto fra imprese di ristorazione e popolazione: ben
440 ogni 100 mila abitanti
, contro le 239 della Fran-
cia, le 198 della Germania e le 181 del Regno Unito.
Il nostro Paese destina al fuoricasa il
35%
della spesa
alimentarecomplessiva, che loscorsoannohasuperato
i
200 miliardi di euro
: una “torta”, quindi, da
almeno
70 miliardi di euro l’anno
, che si distribuisce in uno
scontrino medio di circa
3,50 euro
per una sosta al
bar e
7,40 euro
per un pranzo fuori casa.
L’INGREDIENTE SEGRETO
Quale, dunque, l’ingrediente segreto creativo su cui
puntare per ritagliarsi la propria nicchia in questo suc-
culento mercato? Per la
Ravioleria Sarpi
di Milano,
per esempio, scelta dalla guida del
Gambero Rosso
come miglior indirizzo street food della Lombardia,
è smentire i luoghi comuni sulla cucina rapida cinese
con la
qualità dellematerie prime naturali
: farine bio
senza sbiancanti né additivi, uova da galline allevate a
terra e carneda allevamenti biodinamici del Piemonte,
il tuttoespostoespiegatosugrandi cartelli cheornano
i soli
15 mq
del negozio.
E sempre più spesso sono chef anche rinomati che
mettono la loro esperienza al servizio dello street fo-
od. L’idea di
Pietro Parisi
, il famoso cuoco-contadino
di Palma Campania, con il
Boccacciello Bistrot del
Boschetto
(Roma) è infatti quella di proporre in un
semplice vasetto ricette della tradizione campana con
ingredienti locali, dalle melanzane alla parmigiana al
gâteau di patate.
Un’indagine Coldiretti
rivela che due
italiani su tre hanno
assaporato il cibo
di strada