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LUGLIO/AGOSTO 2017 /

Mixer

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listinodedicatoal buonopasto.Questaclausolacontrattuale,

a mio parere vessatoria ma senza la forza di legge della pre-

cedente, potrebbe essere superata con un listino generale

che faccia esplicito riferimento al servizio del buono pasto

come già avviene per il servizio al tavolo. In fondo la gestione

dei buoni pasto implica costi aggiuntivi come accade per la

gestione del servizio al tavolo. Soluzione tecnicamente sem-

plice che tuttavia si troverà inevitabilmente a fare i conti con

la reazionedegli emettitori: soppressione, per inadempienza

contrattuale, del convenzionamento.

Ma se il buono pasto è un prodotto che, come qualsiasi altro

prodotto, è sottoposto alle leggi del mercato occorre fare in

modo che ciò valga lungo tutta la filiera e non fino a prima

che esso venga speso.

Resta evidente che l’obiettivo principale è di puntare alla

eliminazione di qualsiasi vincolo contrattuale che impedisca

di applicare anche al bar le leggi del mercato quando di

mezzo ci sono i buoni pasto. È un obiettivo di sistema, non

del singolo esercente, teso a dare all’impresa la possibilità di

gestire il business come meglio crede senza che ci sia qual-

cuno che dall’esterno metta paletti. Sarà il bar a confrontarsi

come meglio crede con i propri

clienti anche accettando il rifiuto

di frequentare un bar dove è in

vigore un doppio listino.

Questi ragionamenti sono tanto

più attuali ora che è stato appro-

vato un correttivo al codice degli

appalti che, nellasostanza, suona

così:

”Lo sconto incondizionato

all’esercente (leggi commissio-

ne) non potrà essere inferiore

allo sconto fatto in gara alla

stazione appaltante”

.

Significa, tornando all’inizio di

questoarticolo, cheadunoscon-

to del 20,75% dovrà corrispon-

dere non una commissione agli

esercenti del 5,32% ma almeno

del 20,75%.Questoriallineamen-

to farà sparire le dilazioni nei pa-

gamenti, le contestazioni delle

fattureo i servizi aggiuntivi?Nes-

suno lo sa ma una cosa è certa:

lecommissionimediesonodesti-

nate ad aumentare. Una ragione

in più per liberare gli esercenti

da vincoli contrattuali che impe-

discono di fare impresa in

piena libertà e autonomia.

gno reale non indotto dal possesso del buono pasto avre-

mo come conseguenza che il lavoratore sceglierà di pagare

cash

il proprio pasto utilizzando i buoni per altri consumi, ad

esempio per fare la spesa.

La seconda soluzione, non irrealizzabile ma complicata per

via di alcune clausole contrattuali che pure andrebbero in-

terpretate, è che si adotti il doppio listino a seconda che il

pagamento sia fatto in contanti o tramite buono pasto.

Tuttavia, nei contratti tra emettitore ed esercente si trovano

due clausole:

1) il rispetto del valore facciale del buono pasto;

2) l’applicazione del listino generale dei prezzi in vigore.

Sulla prima dobbiamo registrare un grande paradosso del

modello italiano. L’esercente è il solo ad avere l’obbligo di

legge al rispetto del valore facciale del buono pasto. Non

deve rispettarlo la stazione appaltante e non deve rispet-

tarlo l’emettitore che, insieme, attraverso la gara arrivano a

svalutarlo anche del 20%. Di tre soggetti l’unico obbligato

è quello che non partecipa alla gara. Stranezze del sistema

e della legge.

Sulla seconda è chiaro l’intento di evitare l’applicazione di un

LA ‘‘CATENA DEL VALORE’’ DEL PANINO AL BAR