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/ DICEMBRE/GENNAIO 2018
IL PUNTO
del presidente FIPE Lino Enrico Stoppani
I
l tema del Lavoro continua ad essere centrale nella
discussione pubblica, non solo per gli aspetti eco-
nomici, ma anche per quelli etico-sociali ad esso
collegati. Lo stesso Papa Francesco, che richiama il
concetto di “
Lavoro degno
”, invita tutti a prendersi cura
di una ferita aperta, concentrando impegnoe risorse nel
sostenereuna“
spintagentile
”chepossa ridaresperanza
a tante persone oggi in difficoltà.
Non mi permetto di commentare la battuta del Santo
Padre
“
Chi licenziaèuncommerciante
”, non soloperché
sarebbe blasfemo, ma anche perché la considerazio-
ne rientrava in una riflessione che toccava “
la scelta
dolorosa del licenziamento
” e la dimensione umana e
socialedel Lavoro, riprendendo i valori etici dell’impresa
che, con i temi dell’ambiente, caratterizzano l’enciclica
“
Laudato Si’
”.
Sono aspetti che toccano la testa, la coscienza e il
portafoglio delle persone
, che condizionano il com-
portamento anche di chi si è (liberamente) caricato la
responsabilitàdi rappresentareunacategoriacomplessa
come quella dei Pubblici Esercizi, che si deve porre la
domanda se sia ancora attuale una gestione umanistica
e più inclusiva nel modo di fare impresa e, cioè, se per
Lavoro si intenda ancora il Lavoratore, oppure solo una
riga tra i costi di esercizio.
Tra l’altro è una riflessione che si inserisce in un contesto
comequelloattuale, chevede il settore incapacedi chiu-
dere il proprio CCNL, per colpe e torti di tutti – Imprese
e Organizzazioni Sindacali – e che, quindi, rappresenta
unargomentoconunaevidente contraddizionenei fatti.
Il ragionamento, però, deve andare oltre l’attualità
e
cercare di estrapolare una visione sui temi fondamen-
tali del Lavoro, utile certamente per la gestione delle
cosiddette relazioni industriali, ma ancora di più per cir-
coscrivere i confini di un lavoro produttivo, libero, crea-
tivo, partecipativo, solidale e giustamente remunerato.
La Fipe è da sempre la sintesi di diverse dimensioni
organizzative delle Imprese che rappresenta, tra grandi
Gruppi di rilevanza anche internazionale e aziende a
carattere familiare, che hanno però fattori comuni nel
declinare temi di valenza allargata, che riguardano, cioè,
la qualità dell’offerta, la lotta agli sprechi, la sostenibilità
ambientale, il contrasto a patologie settoriali (alcolismo,
ludopatia, mala-movida, malattie, allergie e intolleranze
alimentari, ecc.), la valorizzazione del propriopersonale,
fattore premiante del servizio erogato, che vede l’inclu-
sione di giovani, donne e immigrati.
Le aziende non sono istituti di beneficienza e hanno
il dovere di guadagnare
, perché grazie al profitto si
remunera il capitale e si sostengono investimenti, ma si
distribuisce anche ricchezza e si creano posti di lavoro;
da tempo le Imprese richiedono condizioni migliori per
generare Lavoro buono e stabile, intervenendo sulla le-
gislazione, sullamodernizzazionedei Contratti Collettivi
di Lavoro, sulla burocrazia, sui tempi della giustizia, sul
cuneo fiscale, sui costi energetici o il credito, perché il
Lavoro non si cerca, ma si crea.
Le Imprese, infatti, hanno anche una forte funzione so-
ciale, spesso non correttamente interpretata, quando
ci si limita a discettare sugli aspetti del profitto e non
anche sui benefici e il benessere che trasferiscono.
Dove non c’è Impresa, non c’è Lavoro
, che porta
all’abbandono dei luoghi e ad una inevitabile deriva,
anche nei valori. I tempi impongono un abbandono
delle ideologie e un rafßforzamento della “
spinta gen-
tile
”, diventata teoria accademica grazie a Richard H.
Thaler, ultimo Nobel per l’Economia, che porti ad un
miglioramento del contesto all’interno del quale i fat-
tori produttivi ed umani recuperino il loro vero ruolo,
nell’interesse generale, producendo poi benessere e
sicurezze allargate.
La Spinta Gentile
al Lavoro buono