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Mixer

/ APRILE 2018

IL PUNTO

del presidente FIPE Lino Enrico Stoppani

U

n affermato e stimato nutrizionista

, interrogato su

quale dovesse essere il corretto approccio al cibo, ha

citatouna fraseattribuitaal saggistaamericanoUpton

Sinclaircherecita

“Meglioconcedersi,mairinunciare!”,

considerazionechesembra lagiustificazioneai “

Peccati diGola

che sono i mali che giustificano la sua professione.

Un’apparente contraddizione in termini

, cioè, per chi fa del

rispetto della dieta, della moderazione a tavola e della sana

alimentazione, panequotidianoper lasuaattivitàprofessionale.

È invece una citazione molto pertinente, inserita nel contesto

di un ragionamento che riguardava i temi del cibo connessi a

quelli della salute, con le loro evidenti correlazioni, perché da

sempre si sostiene che la prima medicina sta “

in cosa e come

si mangia

”.

Il cibo buono non fa mai male e l’intelligente rotazione degli

alimenti arricchisce l’organismo

e aiuta anche a stimolare la

pigrizia dell’apparato digerente.

È quello cattivo, piuttosto, a cui si dovrebbe rinunciare, perché

produce danni e malattie, ma il problema, che a prima vista

sembra banale, sta nella difficoltà del consumatore a saper

distinguere tra cibo buono e cattivo, perché sul tema le difese

si sono molto abbassate.

La diffusione del cosiddetto “junk food” testimonia l’incapa-

cità di questa generazione di dare il giusto valore al bisogno

primordialedella nutrizione

, oggi considerata soloun’esigenza

fisiologica, e non anche motivo di piacere e di gratificazione

personale, sensazioni proprie dei piaceri della tavola. Sono cer-

tamente cambiati i tempi e le priorità per la gente, e alle ricche

nuove generazioni manca certamente l’educazione alimentare

propria, invece, di quelle dei nostri predecessori, per le quali la

rotazione dei piatti, la varietà e la qualità degli ingredienti, oltre

che la fame, hanno cresciuto sensibilità e competenza al gusto e

al buono, contrastando anche lo spreco, piaga della modernità.

La responsabilità di valorizzare la cucina e di educare oggi è

soprattutto affidata alla Ristorazione

, vista la crescita sia dei

consumi fuoricasa che dell’utilizzo dei piatti pronti e confezio-

nati nelle famiglie.

L’esercente si confronta, però, con un consumatore normal-

mente meno preparato ed educato sul gusto e i sapori

,

distratto nelle sue scelte dalla pubblicità, dalle mode, dalla

presentazione, dallacomoditàdei piatti, dai personalismi edagli

eccessi di alcuni cuochi, oltre che dal contesto in cui si consuma,

dove la scelta del locale dipende sempre di più dall’ambienta-

zioneedalla frequentazione che lo caratterizza e sempremeno,

purtroppo, dalla qualità dei prodotti somministrati.

È in corso una grande trasformazione, che tocca ogni cosa

,

anche le modalità, i tempi e il contenuto dell’offerta di cibo.

È facile dire che è in corso un preoccupante peggioramento,

testimoniato dall’aggravarsi delle malattie alimentari come l’o-

besità, il diabete, l’alcolismo o le intolleranze/allergie.

C’è bisogno, quindi, di recuperare i valori veri del cibo

, che

richiede azione e responsabilità supiù fronti, conqualchepasso

indietro anche su consolidate brutte abitudini.

Averecuradisestessi,cioè,nondevelimitarsiascegliereimigliori

abiti, ritagliarsi spazi per le vacanze, investire sul fitness e altre

belle cose di questo tipo, ma significa anche dedicare migliore

attenzione e considerazione al cibo e al modo di consumarlo.

JamieOliver, unodei più noti

celebrity chef

inglesi, sostiene che

“il cibo sano è pregiudizio dei ricchi e che i poveri continuano

a mangiare schifezze. E a ingrassare

”.

Affermazione che suona come una provocazione

, certamente

con alcune verità, ma non possiamo dimenticare che gli italiani

non sono tutti ricchi e hanno imparato lo stesso a mangiare be-

ne, tesaurizzando la storia millenaria della nostra cucina, che ha

fatto del corretto uso dei prodotti della terra e il recupero degli

avanzi le basi sulle quali consolidare qualità, varietà, sostenibi-

lità e salubrità. Certo che se si riuscisse a limitare l’incessante

pubblicitàmessa in onda durante i programmi dei bambini, che

riguarda cibi pieni di grassi, sale e zuccheri, forse riusciremmo

meglio a superare nei fatti le provocazioni di Jamie Oliver.

Meglio concedersi,

mai rinunciare!