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emulando altre acquaviti,

come per esempio l’inseri-

mento nel bere miscelato,

ha avuto risultati deludenti»

sostiene Luigi Odello. Per

contro, molti produttori non

escludono questa strada, e

anzi rivendicano in alcuni

casi buoni risultati già ac-

quisiti, pur non nasconden-

do alcune criticità.

«La grappa ha finora scontato

l’handicap di essere perce-

pita come adatta esclusiva-

mente a essere consumata

liscia e dopo i pasti» sostiene

Antonio Guarda Nardini, di-

rettore commerciale estero

della distilleria Bortolo Nar-

dini. «Bisogna invece comu-

nicare che rappresenta una

valida alternativa come base

alcolica nella preparazione

dei cocktail. Noi abbiamo

iniziato a muoverci in que-

sta direzione da dieci anni.

SEMPLICI RICETTE

Con il libro ‘The Grappa

Handbook’ abbiamo presen-

tato, soprattutto al mercato

estero, ricette di cocktail a

base grappa (non solo agru-

mi ma anche, ad esempio, tè

e tè verde) e suggerimenti

sull’uso della grappa in cuci-

na. Sono stato recentemente

in Giappone, e lì iniziano a

distinguere, anche nei menù,

fra basi alcoliche da grano

e da vino: ciò sottolinea la

specificità della grappa, e le

dà visibilità. Va detto che i

giovani italiani, così come gli

stranieri di ogni età, sanno

molto poco della grappa.

Con loro quindi comunicare

questo nuovo approccio alla

grappa è più facile, perché

non incontra la resistenza di

un concetto tradizionale di

grappa, come accade per chi

ha oltre quarant’anni».

Aggiunge Lisa Tosolini: «Ne-

gli ultimi quindici anni la

grappa rientra fra i distilla-

ti che tutti gli importatori

vogliono avere. Prima non

era così. Ma dobbiamo co-

gliere questa opportunità, e

sappiamo che gli stranieri

spesso utilizzano i cocktail.

Però la grappa è molto dif-

ficile da miscelare, avendo

un gusto molto riconoscibi-

le. Bisogna essere dei bravi

barman. Purtroppo non c’è

ancora un cocktail ricono-

sciuto a livello internaziona-

le con la grappa. Pensiamo

invece a cosa è successo al

Pisco, acquavite sudameri-

cana, con il Pisco Sour. Le

distillerie dovrebbero uni-

re gli sforzi per studiare un

cocktail a base grappa in

grado di imporsi in modo

duraturo sul mercato inter-

nazionale».

«In realtà- puntualizza Ka-

rin Roner-se qualcuno non

ha mai bevuto la grappa,

difficilmente assaggerà un

cocktail alla grappa, quin-

di credo che i giovanissimi

rimarranno fedeli ai loro

soliti cocktail. Dall’altro la-

to le persone di una certa

età continueranno a bere la

grappa liscia come hanno

sempre fatto. Quindi cre-

do che la grappa nel bere

miscelato possa fare presa

sulla fascia dei giovani ma

non giovanissimi, intorno

ai trent’anni, che hanno già

una certa esperienza nel

bere e che sperimentano

volentieri».

«Credo che il cocktail possa

essere soprattutto un pas-

saggio intermedio utile per

avvicinare nuovi consuma-

tori, ma che la grappa meriti

di essere gustata da sola»

conclude Elvio Bonollo.

M