L’autore è Consigliere dell’Istituto
Internazionale Assaggiatori
Caffè e Amministratore del
Centro Studi Assaggiatori
www.assaggiatoricaffe.orgA
Seoul a marzo fa ancora freddo. E il si-
gnor Kim lo sa, per questo si copre bene
prima di affrontare la folla che anima le
stazioni dellametropolitanadellacapitale
coreana. Con l’orologio in Corea non si
scherza e il signor Kim lo sa, per questo i suoi
tempi sono accuratamente calcolati. Lungo il
suo tragitto è un fiorire di bar e il signor Kim
lo sa e per questo i suoi tempi così ben stabiliti
includono anche una sosta per regalarsi un
piccolo piacere della mattina: un cappuccino
italiano fatto come si deve. Il signor Kim salta
almenocinque locali diversi primadi imboccare
senza esitazione la porta del bar dove viene
accolto con gradevolissima cortesia coreana e
dove ordina il suo cappuccino italiano.
Di signor Kim la Corea ne è piena, ma di ipote-
tici signor Kimcome il nostro, che dimostrano
tanta affezione per il prodotto italiano, ce ne
sono purtroppo ancora pochi. Sono molti di
più quelli che invece imboccano la porta di
un grande franchising locale o di una catena
americana oppure che si buttano tra le braccia
di ottimi caffè con accenti nordici.
Il problema non è stare vicino ai signori Kim
che hanno già deciso che le loro giornate
devono iniziare con un cappuccino italiano,
ma capire perché gli altri non gli concedono
una chance. Non è che non gli piacciamo,
anzi molti di loro comprano moda italiana,
vino italiano e vengono pure in Italia a cro-
giolarsi nell’ammirazione delle nostre opere
d’arte. Il punto è che probabilmente nelle loro
iperattive giornate coreane non si accorgono
della presenza di locali che offrono il nostro
caffè. Il motivo è banale e risponde alla legge
dei grandi numeri (o meglio di quelli piccoli):
siamo troppo pochi per farci notare.
Sulle ragioni della nostra ancora scarsa pre-
senza su alcuni mercati che invece stanno
crescendo a ritmi impressionanti (e non solo
quello coreano), c’è naturalmente da riflette-
re. Ma a me pare che un punto focale sia il
fatto che non siamo ancora riusciti a spendere
appieno la nostra competenza presso gli ope-
ratori (per inciso il mondo del vino italiano è
già un passo oltre in questo senso). Insomma
viviamo nel paradosso che noi, creatori dell’e-
spresso, non sempre siamo percepiti come la
fonte preferenziale di informazione sul tema.
l motivi? Molti sicuramentema uno sopra tutti:
siamo una fonte un po’ afona. Abbiamo la co-
noscenza di un vecchio saggio ma la capacità
di condividerla di un bebè. Vogliamo tornare
sexy? Iniziamo a raccontare e a mostrare per
esempio la nostra idea di tostatura a testa alta,
narriamo con forza la concezione di miscela
per espresso italiano, spieghiamo con con-
vinzione qual è la marcia in più del barista
italiano. Parliamo a tutti, anche e soprattut-
to ai concorrenti e con i concorrenti. Non
dobbiamo avere paura di svelarci al mondo:
unamaggiore informazione tecnica sul nostro
espresso ne sosterrà la credibilità e il sex ap-
peal. E forse al signor Kim si aggiungerà per
un bel cappuccino all’italiana anche il signor
Lee e il signor Huang e chissà quanti altri.
M
Chi fosse interessato a contattare l’autore può farlo
scrivendo a:
carlo.odello@assaggiatori.comCARLO ODELLO
Quali strategie
per farci apprezzare
all’estero?
RIFLESSIONE SULLA SCARSA PRESENZA ITALIANA SU MERCATI IN FORTE CRESCITA.
DOBBIAMO FARCI PERCEPIRE COME LA VOCE AUTOREVOLE QUANDO SI PARLA DI ESPRESSO
DI CARLO ODELLO
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MARZO 2016