Foto: Matteo Barro
FEBBRAIO 2017 /
Mixer
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DIM SUM, MILANO
The ultimate chinese food experiences
(www.dimsummilano.com/)
Questo ristorante è decisamente molto occidentale
e rappresenta la nuova Cina. Se non si passasse di
fiancoal box cucina in vetrodentroal quale si possono
vedere i classici contenitori in bambù per i ravioli, non
si direbbe di essere entrati in un ristorante cinese. In
Italia siamo abituati ai locali tradizionali, con le icone
e i colori della tradizione cinese, gli arredi di legno
e le lacche rosse, ma questo locale è davvero molto
diverso.
Dim Sum, di Yike Weng e Chiara Wang Pei, ha scelto
di servire i suoi raffinati piccoli piatti con una coppa
di champagne, invece della tradizionale tazza di tè.
Maison Recommandée Perrier-Jouët, Dim Sum è il
primo locale in Italia di cucina asiatica contempora-
nea “beauting” secondo la visione dell’alta cucina
di Perrier-Jouët che unisce il bello (beauty) al buono
(eating).
In un ambiente progettato e realizzato dal designer
Carlo Samarati dove i mobili diventano linee e gli
specchi si coprono di catene chemimano l’effetto del
fumomentre la luce, quellabluelettricodel crepuscolo,
illumina i colori nel piatto. Un invito a vivere l’espe-
rienza di una Cina elegante e contemporanea. Un
viaggio che fa incontrare Oriente e Occidente anche
nel nuovo servizio di piatti firmato dal progettista e
prodotto in esclusiva da Villeroy & Boch.
La nuova Cina si spinge a Occidente e trova nuovi
linguaggi per descrivere la sua nuova identità: più
contemporanea, più evoluta, più ricca. Dim Sum, è il
localedove si vive in veste contemporanea l’omonimo
rito gastronomico tradizionale di Hong Kong, spo-
gliato di obsoleti luoghi comuni. I ripieni dei classici
ravioli sono con materie prime di livello con alcuni
prodotti italiani come il manzo di chianina e il tartufo.
Anche qui la commistione di culture riesce a sfruttare
le qualità reciproche evolvendosi in una nuova forma
più interessante.
Dal punto di vista del design la sfida si complica con
elementi iconici tradizionali elaborati in chiave con-
temporanea. Ci riesce bene l’architetto Carlo Sama-
rati che non si dimentica di raccontare l’identità del
locale che rappresenta, creando un progetto che fa
da specchio all’idea del concept.
IN CONCLUSIONE
Le cucine si ibridizzano sdoganandosi da standard
rigidi e facendosi in questomodo più ricche di culture
differenti, più creative ed eclettiche. Culture diverse,
grazie al cibo, trovano il modo per condividere lavoro
e cultura, sperimentandosi in nuovi format che risul-
tano molto convincenti.
Il primo caso racconta di una fortunata partnership
interculturale fraCina e Italia inuna chiavedi tendenza
dello street fooddi qualità, il secondodi giovani cinesi
milanesi che vogliono raccontare la loro Cina, non più
quella degli stereotipi, quella loro attuale. Ultimo,
il format internazionale progettato da un designer
italiano con una visione più futuribile e lussuosa. Da
Hong Kong, Londra e New York arriva a Milano e
rappresenta una sofisticata
chinese food experience
.
Questi casi sono interessanti perché esempi di
reale integrazione tra culture (e cucine) diverse.
E potrebbero essere un nuovo modello
per piccole o grandi realtà imprenditoriali.
M