DOSSIERVINO
Wine bar
50
Mixer
APRILE 2016
condivisa da tavoli composti da un massimo di 6
persone. In calendario vi sono sette appuntamenti
pensati per consentire a tutti gli appassionati di
scoprire bottiglie rare, conoscere persone dai gu-
sti affini e confrontarsi sulle emozioni che queste
bottiglie trasmettono”.
Non tutti però concordano con la tesi. “In linea gene-
rale sono contrario alla mescita – confessa
Maurizio
Menichetti
proprietario insieme a
Valeria Piccin
i
del bistellato ristorante
Caino
di Montemerano in
Toscana –: se non si è ben organizzati, infatti, difficil-
mente si può garantire la qualità del prodotto servito.
E per essere ben organizzati occorrono attrezzature
specifiche che a loro volta richiedono ampi spazi,
non sempre disponibili in locali come il nostro.
Così, al momento ho preferito optare per la mezza
bottiglia: anche questa formula ormai propone, in
Italia e all’estero, una grande qualità e peraltro re-
puto si accompagni meglio ai menu strutturati che
offre il Caino. E la proposta è stata ben accettata
dalla nostra clientela. Non escludo tuttavia di spe-
rimentare in futuro macchinari che utilizzano il gas
inerte, ma soltanto per proporre calici da servire in
abbinamento a menu degustazioni”.
MAURIZIO MENICHETTI,
AL CAINO DI MONTEMERANO,
PREFERISCE PROPORRE
LA MEZZA BOTTIGLIA PIUTTOSTO
CHE IL VINO ALLA MESCITA
VINO NATURALE
Moda passeggera
o tendenza emergente?
Il successo del biologico non ha mancato di toccare
anche il mondo dell’enologia. Ma sul tema non mancano
scetticismi. “Il fenomeno del vino naturale è stato
positivo sotto il profilo dello spunto dialettico – osserva
Alessandro Pepe, sommelier del Roscioli –, ma a mio
parere è divenuto una moda che ha dato l’alibi anche per
produrre bottiglie a volte imbevibili”.
E così anche Stefano Giancotti del Veritas: “Noto una
certa curiosità. Detto questo, però, rilevo anche che la
competenza del consumatore è solo teorica: spesso,
infatti, dopo il primo assaggio, i clienti chiedono di
cambiare vino. Insomma, manca ancora il giusto percorso
gustativo per apprezzare le qualità della produzione
naturale”.
Meno drastica l’analisi di Paolo Teverini, proprietario
dell’omonimo ristorante di Bagno di Romagna: “I
produttori di vino devono aprirsi al mondo del benessere
fisico, eliminando quindi quelle sostanze che possono
risultare negative per il nostro organismo. Per esempio,
dovrebbero ridurre i solfiti aggiunti, adottare le tecniche
bio e cercare di contenere l’apporto di alcol”.
Positiva, invece, la valutazione di Silvia Amoni del Bicerìn
Milano: “Nelle carte dei ristoranti stanno iniziando a fare
capolino vini naturali prodotti con attenzione all’ambiente
che ci circonda”.
E la scelta, dice Amoni, paga: “Dal nostro punto di
osservazione, riscontriamo che proporre etichette di
piccoli produttori attenti al territorio, principalmente con
un’impronta biologica e biodinamica, rappresenta un
elemento di primaria importanza un cliente che chiede,
curiosa e si informa”.