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APRILE 2016

Mixer

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richiesta: i fornitori diretti po-

trebbero superare il vincolo di

ordine delle 6 bottiglie e dare

invece la possibilità ai ristora-

tori di acquistare cartoni misti.

Sono convinto, infatti, che que-

sta formula aiuterebbe le case

vinicole a fare conoscere l’in-

tera produzione e allo stesso

tempo faciliterebbe i ristoratori

nel proporre un’offerta più am-

pia e differenziante”. Un tema,

quest’ultimo, su cui torna pure

Giancotti: “Sarebbe utile che i

fornitori proponessero carte con ordini meno im-

portanti – concorda il patron di Veritas –. Ma penso

anche che altrettanto valida potrebbe rivelarsi l’idea

di fare assaggiare i vini agli esercenti. Vini che

dovrebbero poi essere raccontati da chi li propone

attraverso una storia sul prodotto in grado di incu-

riosire il ristoratore”. La comunicazione è del resto

una leva imprescindibile su cui la filiera potrebbe

lavorare ancora di più: “Il cliente è sempre più at-

tento alla qualità del vino e, per questo, molte volte

è importante che l’etichetta della bottiglia sia chiara

e “parlante” – nota Silvia Amoni –. Il consumatore è

infatti affamato o, in questo caso, assetato di notizie

e vuole conoscere il più possibile quello che sta

consumando, sapere di cosa è fatto quello che sta

bevendo”. Produttori e ristoratori sono avvisati.

M

MENTORI DEL PRODOTTO

I trend tuttavia non sono dik-

tat: non è sempre obbligatorio

seguirli. Ad esserne convinto

è il top–sommelier del roma-

no

Roscioli

,

Alessandro Pepe

:

“Dopo aver trascorso i primi

anni della mia carriera a inse-

guire le tendenze di maggior

rilievo – racconta Pepe – mi

sono chiesto: perché non creare

noi stessi le tendenze?” E l’espe-

rimento è riuscito. “Un tempo

il Lambrusco a Roma era prati-

camente sconosciuto – osserva

Pepe –: oggi nel nostro locale

se ne vende quasi più che a Bo-

logna”. Ma lo stesso si può dire

anche parlando di champagne e

prosecco. In un clima generale

che ha fortemente rivalutato le

bollicine italiane, “Noi abbiamo

puntato sulla Francia. E con suc-

cesso” commenta ancora Pepe

con soddisfazione.

LE RICHIESTE ALLE AZIENDE

Il compito di indicare la strada,

secondo il sommelier di Roscio-

li, non spetta però ai soli risto-

ratori. Anche le aziende vinicole

sono chiamate a svolgere un

ruolo importante. “Sono con-

vinto – precisa Pepe – che se i

produttori non venissero incon-

tro alle indicazioni del mercato,

ma seguissero i propri gusti,

il mercato ne trarrebbe un in-

dubbio beneficio: potremmo

valorizzare il nostro specifico patrimonio enologico.

Perché, per dirla con una metafora cinematografica,

l’Italia non può competere con i “blockbuster” in-

ternazionali, ma può tornare ad eccellere seguendo

il modello “Fellini”. Il problema è che si dovrebbe

trattare di un’azione corale”.

Un giudizio piuttosto severo, quello di Pepe, che

non risulta tuttavia condiviso da tutti. “Con i miei

fornitori abituali – rileva Menichetti – posso contare

su uno scambio continuo. Considero quindi la loro

offerta soddisfacente e tarata sulle mie necessità”. E

così vale anche per Prosperi: “A mio parere, le can-

tine italiane – per scelta commerciale il mio locale

si serve solo da nomi nazionali – hanno svolto un

ottimo lavoro sia sotto il profilo qualitativo sia sul

fronte della comunicazione. Posso avanzare un’unica

I NUMERI

Bere a casa

: pesa per il 64% dei

consumi. E si concentra soprattutto

durante i pasti (72%)

.

Bere fuori casa

: il consumo

vede

in

testa pranzi e cene di divertimento

(37%); a seguire l’aperitivo, che

rappresenta il 26% delle occasioni

di consumo di vino (da solo o come

ingrediente di cocktail).

Frequenza

: il 20% di chi beve vino

in Italia lo fa tutti i giorni, il 22% 2–3

volte a settimana, il 23% qualche volta

al mese, il 15% più raramente, ma c’è

anche un 20% che non beve mai.

Quantità

: il 45% di chi beve a casa

consuma almeno una bottiglia

a settimana, contro il 23% di chi

consuma vino prevalentemente fuori

casa.

Vino vs birra

: 10 anni fa il vino

pesava per il 61% dei consumi

complessivi di bevande alcoliche in

Italia contro il 35% della birra. Oggi

queste percentuali sono cambiate:

56% per il vino, 39% per la birra.

Alla base del fenomeno, la tendenza

ad associare il vino a parole come

tradizione, convivialità, occasioni

speciali. E da qui, un consumo più

complesso rispetto a quello della birra

che invece è accostata a concetti quali

a divertimento, relax, convivialità,

festa.

Fonte:

Osservatorio del vino italiano

http://www.marketingdelvino.it/2015/12/nasce-l-

osservatorio-del-vino-italiano/