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fine, le ragazze, lamusica, il ritmo della vita. Mi ricordo la discoteche come il KU
e il Pacha”. Ibiza è in piena fascia alta, ultimamente. “La combinazione qualità-
domanda-intrattenimento oggi c’è solo a Las Vegas, Singapore e Ibiza”. Luoghi
ottimi per fare business. “A Ibiza ho conosciuto la famiglia Urgell (proprietaria
del Pacha, ndr) attraverso il mio partner di elBulli, Juli Soler”. Il fratello Albert
(Adrià) èun grande frequentatoredell’isola. Ci sono le tapas al Tickets, la cucina
Nikkei al Pakta e i cocktail al 41. “Tutta alta qualità. È importante riflettere sulle
cose con attenzione, preservare il marchio. Aprire un ristorante a Ibiza? Ne ho
parlato con Albert: perché no?”. Magari di cucina vietnamita? No, meglio non
fare concorrenza agli amici del Pacha e al loro ristorante.
Italia, Brescia
Il cambiamento dall’ex capitale della musica dance
Il dj e discografico della label Melodica, Diego Abaribi, ha apert
o
e
notato subito differenze sostanziali tra la gestione di un ristorante e
di una casa discografica. “All’inizio pensavo fossero due mondi completamente
distanti, poi, dedicandomi al mio locale con passione, ho capito che queste
sono due realtà molto simili; ho trovato molte analogie. La gente mangia per
sopravvivenza, va al ristorante per comodità o possibilità. Allo stesso modo la
gente non pensa alla musica per sopravvivenza, ma se la togliessimo, nessuna
persona al mondo potrebbe vivere. Il minimo comun denominatore è palese-
mente lo stesso”.
Entrambi sono una necessità?
“L’alimentazione è più fisiologica, l’appagamento uditivo è mentale.
C’è chi mangia al fast food e chi vuole fare di un pasto una esperienza. Il mondo
della notte ha poco da dire a quello del fooding. Ci sono pochi soldi in giro e
troppi club: non esistono in Italia leader che possano esprimere innovazioni da
cui trarre idee”.
E il contrario?
“Nella ristorazione si vedono esempi fortunati e positivi di prodotti con rapporto
qualità prezzo interessanti, ma la ristorazione necessita di figure professionali
che il club spesso non ha”.
Chef e dj hanno molte cose in comune?
“In primis, la ricerca. Un piatto ben cucinato e bello da vedere, è frutto di ore di
lavoro e passione, lo stesso per un dj set. Spesso però i club italiani, per pagare
poco i dj, si affidano a ragazzi privi di esperienza e solo smaniosi di fare; uno,
chef, invece lo diventa dopo anni di lavoro. Qui non si può improvvisare”.
E pr sono utili nella ristorazione?
“Io ne impiego due-tre fidati per organizzare eventi particolari o cene a tema.
I flyer, nell’era di Facebook, li usano tutti. Male non fanno se danno una buona
immagine. A livello di strategie, un ristorante ha molte strade: dipende dalle
dimensioni, dall’ubicazione e dal numero di coperti. La strategia migliore? Il
passaparola”.
CHEF VS. DEEJAY
Diego Abaribi
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