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AGO. SET. 2017

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e incontaminato, arriva a noi dai

6000 metri dell’altopiano ancora a

dorso di uno Yak.

È esaltante il sapore che i suoi gra-

ni danno alle insalate di verdura o

di frutta come la kiwi salad dove il

sapore acidulo della frutta (kiwi, me-

la, uva) si confonde con la polpa di

granchio e l’orzo perlato per esaltarsi

all’agrodolce di un aceto balsamico

stravecchio e di sale dell’Himalaya

che,mescolati al cibo, offronovarianti

di gustodovute alla successiva rottura

dei grani.

Saporito e costoso anche il Sale Af-

fumicato Danese, ancora preparato

con il metodo usato dai Vichinghi,

che esponeva i grani di sale al fumo

di legno di quercia e olmo rosso.

Un sale dal color0e e dal gusto de-

ciso che arricchisce di personalità

anche piatti semplici come la zuppa

salata (salted soup).

Zucchine, carote, pomodorini, ci-

pollotti, fagioli borlotti e cannellini,

piselli, cavolo nero, patatine no-

velle, creano un accordo di sapori

lontano da ogni condizionamento

che non sia un fragrante olio d’oliva

extravergine e una presa (non un

pizzico) di sale affumicato danese.

Decorativo e ricco di ferro, il sale

rosso delle Hawaii (il colore deriva

dall’argilla di origine vulcanica) è

bellissimo sulle carni grigliate e in

alcuni casi anche sui dolci. Così

anche il sale di Maldon (il preferito

di Ferran Adrià) che per la croc-

cantezza ne ha utilizzato i grani

a piramide anche sul cioccolato.

MADE IN ITALY

Ma tornando con i “piedi per terra”,

in Italia possiamo vantare ottimi e

antichissimi sali come il siciliano sale

di Mothia (già caro ai Fenici) e il sale

di Cervia conosciuto ai più come il

“saledolce” ( privodi elementi amari).

Èun salemarinonon raffinato, quindi

ricchissimo di oligominerali tuttora

raccolto a mano.

Mediterraneo al punto giusto per ac-

compagnare i gustosissimi involtini

di melanzane leggermente grigliate e

marinate in olio, prezzemolo, pepe-

roncino e zucchero che avvolgono le

squisite code di gambero di Mazara

del Vallo, spadellate in olio, aglio

e spruzzate ancora calde con aceto

balsamico.

In fondo, il compito del gestore o

del ristoratore è prima di ogni altra

cosa, accogliere.

Accogliere non significa solo dare

buon cibo o prodotti ricercati ma

“regalare quel valore aggiunto” che

è la cultura, la sensazione unica, la

memoria positiva affinché l’ospite

(mai considerarlo solo un clien-

te) vada via sazio ma non pieno,

soddisfatto ma non appagato, ine-

briato ma non stordito. Come chi

ha iniziato un viaggio che intende

continuare nei sapori e nelle sen-

sazioni che il vostro food-world

può offrire.