chef televisivo incassò 10mila euro
senza nemmeno farsi vedere.
INSEGNO L’INGEGNO, TRA
SCUOLE E BLOG
Le scuole di cucina sono un’altra im-
portante fonte alternativa di reddito.
Gli chef a volte gestiscono in prima
persona delle strutture, come fa da
Coquis a Roma lo chef del Convivio
AngeloTroiani
. Ma più spesso fanno
da docenti incassando dai 250 ai 600
euro per ogni lezione, spesso di di-
verse ore. Oltre alle grandi istituzioni
didattiche (Alma a Colorno, Univer-
sità del Gusto a Vicenza, Università
di scienzeGastronomiche a Pollenzo,
CordonBleu a Firenze) ci sono scuole
beneorganizzate in tutte legrandi città
che offrono corsi anche amatoriali e
lezioni su singoli temi (la schiscètta, il
pic nic) che offrono spazi per tutti gli
chef (meglio se specializzati) che ab-
biano voglia di trasmettere la propria
esperienza. C’è anche chi trasforma
le lezioni in veri happening. Accadde
a
Cannavacciuolo
che il 19 aprile
2016 tenne una lezione per migliaia
GIU. LUG. 2017
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Il rapporto tra i cuochi e la pubblicità è da sempre controverso.
Molti chef famosi hanno prestato il loro volto per réclame:
Sonia
Peronaci
per una nota marca di formaggi industriali,
Carlo
Cracco
per le patatine e per un mobilificio, Cannavacciuolo per
un formaggio Dop,
Davide Oldani
addirittura per una società di
telecomunicazioni. Ci si indigna perché questi prodotti sono a
volte molto lontani dalla sensibilità e dalla prosopopea degli chef
che ci mettono la faccia. Ma dietro c’è anche invidia. “Non trovo
nulla di disdicevole nel fatto che uno chef faccia uno spot – ci dice
Francesco Apreda
– e io anche lo farei se me lo chiedessero. Se
Cracco
pubblicizza le patatine in fondo avvicina il grande pubblico
alla haute cuisine, colma un divario”.
Pubblicità da star…
di aspiranti chef allo stadio Olimpico
di Roma. Poi ci sono i libri. Natu-
ralmente per essere appetibili a una
casa editrice bisogna avere un nome
oppure avere qualche idea geniale.
Tutti i grandi chef ne scrivono (di
Cannavacciuolo recentementeArrigo
Cipriani ha detto: “Scrive più libri di
Proust”) ma sbaglierebbe uno chef
che si aspettasse chissà quali introiti.
“Io ho scritto diversi volumi – dice
Francesco Apreda
dell’Imàgo di Ro-
ma –ma inizialmente l’ho fattopiùper
la gloria che altro. Si viene pagati in
funzione delle copie vendute e si sa
che in Italia l’editoria tradizionale è in
crisi”. Per questo ecco i blog. Molti ne
hanno ma pochi sono riusciti a farne
un business. Tra questi
Sonia Pero-
naci
, inventrice di “GialloZafferano”,
che una decina di anni fa fu il primo
sito a specializzarsi nelle videoricette.
Poi la vendita del sito a Banzai, la
trasformazione in una star (con tra-
smissioni in tv) e alla fine il sofferto
divorzio dal sito che l’ha resa nota,
trasformatasi in una miniera d’oro.
Mamolti altri blog di chef galleggiano
senza infamia e senza lode. Infine
ci sono le partnership. Aziende che
pagano, o quanto meno, forniscono
gratuitamente il prodotto in cambio
della visibilità offerta dallo chef che
magari ha anche una fama locale.
Di recente la trasmissione di RaiTre
“Report” ha raccontato come alcuni
chef noti siano spinti a prediligere
un celebre formaggio grattugiabile
italiano a scapito di un altro ancora
più noto e a dedicargli piatti o interi
menu in cambio di forme gratuite.
Nelle cucine italiane si sopravvive
anche così.
PRIMO PIANO
Fatturati da piccola impresa
Ogni chef importante è una vera e propria macchina da soldi, che
fa capo a società dal fatturato annuo multimilionario. La Ca.Pri di
Antonino Cannavacciuolo
ha fatturato nel 2015 5.229.123 euro,
frutto non tanto dei ricavi del ristorante Villa Crespi di Orta San Giulio,
quanto del ruolo di chef di Masterchef, della conduzione di “Cucine da
Incubo” prodotto da Endemol Italia e di decine di eventi, consulenze
e comparsate. La
Alajmo
spa dei fratelli che gestiscono il ristorante
tristellato Le Calandre di Rubano fattura oltre 11 milioni di euro, la
Francescana srl di
Massimo Bottura
4,4 milioni, la R.R. srl di
Niko
Romito
2,7 milioni e la Da Vittorio srl dei fratelli
Cerea
dell’omonimo
ristorante di Brusaporto, nel Bergamasco, oltre 11 milioni.