riferisco alla cucina mediterranea,
patrimonio dell’Unesco e veicolo di
promozione del nostro Paese in tutto
il mondo. E se i grandi marchi della
moda, anche italiani, hanno la forza
di farsi pubblicità, sono conosciuti
a livello internazionale e possono
essere comprati ovunque, quando si
parla di cucina le cose sonobendiver-
se. Ecco perché stranieri e foodies si
stanno appoggiando sempre di più a
questanuova figuraprofessionaleper
non perdere la possibilità di gustare
quelle tipicità di cui il nostro Paese
è leader. Il personal food shopper
conosce perfettamente il territorio in
cui opera: dalle prelibatezze locali,
alleboutiquedei sapori, cantine, fran-
toi, acetaie e, soprattutto, conosce i
migliori bar, pasticcerie, ristoranti,
trattorie e pizzerie della zona di sua
competenza.
Come simuove il food shopper alla
ricerca dei locali che andrà poi a
proporre al cliente?
Prima di proporsi, il p.f.s. si crea
un ricco data base di contatti, una
lista di negozi, boutique, bar, risto-
ranti, cantine, etc... una mappatura
rigorosa della città o regione in cui
vive. Soprattutto, conosce i piatti
tipici, gli alimenti eccellenti, vino,
olio, tartufo, formaggi, aceto bal-
samico, miele e, soprattutto, testa
personalmente tutti i punti vendita
che propone al cliente.
Quali sono i criteri basenella scelta
di un locale?
Cultura del cibo, servizio eccellen-
te, legame stretto con il territorio,
unicità del locale.
Che tipologia di locale vi richiedo-
no maggiormente?
I clienti sono molto interessati alle
nuove botteghe con cucina, le pe-
scherie che propongono anche piatti
preparati conmenù tradizionali, can-
tine che propongono degustazioni,
insomma, proposte un po’ partico-
lari ma con un occhio sempre teso
alla qualità al giusto prezzo.
Che tipo di accordo viene stipulato
tra esercente e personal food shop-
per?
Ogni locale può stipulare un ac-
cordo diretto con il p.f.s. proponendo
provvigioni oppure sconti speciali per
i clienti. La provvigione, moralmen-
te corretta, può tuttavia inquinare i
criteri di selezioni del locale. Un po’
come le guide dei ristoranti, se chi fa
le recensioni viene pagato dai ristora-
tori il messaggio è distorto e il lettore
non ha una visione obiettiva. Anche la
guida ‘pagata’ non sarebbe attendibile
al 100%. L’esercente, tuttavia, è bene
che tenga in grande considerazione
l’apporto del personal food shopper,
trattandoalmeglio i clienti, riservando
loro menù speciali, degustazioni ad
hoc o serate dedicate.
In che modo il locale deve tenere
informato il personal food shopper
degli eventuali cambiamenti o nuo-
ve proposte del suo bar/ristorante?
Ci deve essere un rapporto costan-
te. È bene che l’esercente aggiorni
sempre il suo ‘consulente’ di tutte
le novità in programma. In questo
modo il p.f.s. sa esattamente cosa
proporre ai suoi clienti.
Quanti personal food shopper ci
sono al momento in azione e dove
operano maggiormente
?
Difficile fare una stima, non esiste un
albo, è una professione nuova. I ter-
ritori privilegiati sono quelli ad alto
flusso turistico: le città d’arte, i grossi
centri balneari, le località di monta-
gna o le grandi aree metropolitane
dove confluiscono i businessman.
Ritiene che la figura del personal food
shopper possa diventare come quella
del pr?
Concaratteristichediverse sì. Tuttavia,
la ricchezzadel p.f.s è laculturadel ter-
ritorio, l’aggiornamento costante sulle
novità. Il pr ha come risorsa principale
un elevato numero di contatti. Guai a
confonderli!
GIU. LUG. 2017
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