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ed entrambe, molto spes-
so, hanno in comune gusti,
aromi e profumi, testati nelle
frequenti degustazioni che si
organizzano nei luoghi sacri
alle due bevande. Già da tre
anni Edoardo Barbero or-
ganizza una degustazione
incrociata tra vino e tè nelle
cantinedel Barbaresco“Mar-
tinenga”, nel cuneese, dove
due maestri, un sommelier e
unteataster,assaggiano5tipi
dibarbarescoe5tipiditèene
appuranole lorosimilitudini.
Un evento destinato a ripe-
tersi nel tempo e a lanciare
la moda della degustazione
del tè in molti locali.
Gabriella Lombardi, ex pub-
blicitariache,daquattroanni,
gestisce la salada tè “ChàTea
Atelier” a Milano, per diffon-
derelafilosofiaelatradizione
del tè, mette a disposizione
dei clienti la sua esperienza
ventennale nel magico mon-
do degli infusi orientali, or-
ganizzando, spesso, corsi di
degustazione a tema: tra i tè
verdi giapponesi e cinesi, tra
gli oolong e i tè neri, tra i tè
neri e i tè bianchi etc.
Dal quadro appena pro-
spettato, è evidente che le
figure che ruotano intorno
alla pianta del tè e alla sua
bevanda, hanno tre vincoli
imprescindibili: esperienza,
competenza e professionali-
tà. Quest’ultima riconosciu-
ta lo scorso anno, a livello
nazionale dalla Legge 4/13,
alle varie figure (Tea Trader,
Tea Sommelier, Tea Barman,
Tea Chef, Tea Taster etc.) che
lavoranonel settore tè/infusi.
Titoli che si acquisiscono
comunque con l’esperienza,
dopo aver viaggiato tanto e
dopo aver bevuto altrettan-
te varietà di tè, provenienti
da tutte le parti del mondo.
Il gestore di una sala da tè –
afferma Gabriella Lombardi
– oggi non può barare, per-
ché la maggior parte della
gente conosce bene la be-
vanda. Non a caso lei, prima
di scegliere i tè da inserire
nella carta del suo locale,
ne assaggia tantissimi, al-
meno 40. A questo punto,
effettuata la scelta, non le
resta che scoprire “vita,mor-
te e miracoli” delle nuove
varietà di tè che accoglie
nel suo Atelier milanese.
M
maggio 2014
mixer
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Un po’ di storia
la bevanda
che arriva
dalla cina
Romantica, dal sapore un po’
arabeggiante o provenzale,
un po’ shabbyechic oppure hi
teach, moderna o minimalista,
sono gli stili che caratterizzano
le oasi metropolitane del tè
che stanno spuntando come
i funghi in tutta Italia. Stili
ricercati, come altrettanto
ricercato è il prodotto che
servono: il tè, la bevanda, dopo
l’acqua, più bevuta al mondo.
Il tè è così prezioso che, nei
secoli, scatena guerre tra
uomini e imperi. Nell’800
Kakuzo Okakura, scrittore
giapponese, nella sua opera
il “Libro del tè”, quando
parla della rivolta delle tribù
mongole del 1700, si rammarica
più della distruzione dell’arte
del tè, il più prezioso tra i
frutti della cultura Song, che
della morte e dell’afflizione
provocate dalla guerra.
I primi riferimenti testuali
sul consumo della bevanda
risalgono al III° secolo in Cina.
I monaci buddhisti la adottano
come bevanda rituale e tonico.
Dopo qualche secolo approda
in Giappone e nel 1500, la sua
preparazione si trasforma in un
vero e proprio rito, conosciuto
come “cerimonia del tè”.
Cinquanta anni dopo i
portoghesi introducono l’infuso
orientale in Europa e
presto diventa popolare in
Francia e nei Paesi Bassi.
I medici di questa parte
del mondo, diversamente
da quelli orientali, sono
in disaccordo sulle
qualità benefiche del tè.
Nel 1657, finalmente, la
caffetteria londinese di
Thomas Garwey sdogana
la bevanda e su un
manifesto riconosce i
suoi benefici terapeutici.
Ca Fujiyama, una sala da tè
nascosta tra le calli di venezia
una degustazione di tè e,
sotto, Gabriella Lombardi
che gestisce la sala da tè
“Chà Tea Atelier”
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