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ESPERIENZA

IMPERSONALE

Foodparc

(www.foodparc.com

) New-

York, si proponeva come un’alternati-

va alle classiche food court basandosi

sulla proposta di una forte interazione

col servizio, quasi completamente di-

gitale; una sorta di parco giochi mo-

derno e tecnologico per gli amanti del

cibo (il progetto dell’allestimento è di

Syd Mead -

www.sydmead.com

- il

set designer di Blade Runner e Tron

in collaborazione con Philip Koether

Architects). Foodparc, però, ha chiuso

da poco i battenti. Si trovava al pia-

no terra dell’Eventi Hotel sulla Sixth

Avenue a Chelsea Manhattan. Jeffrey

Chodorow aveva trasformato 20.000

metri quadrati in una mecca del food

high-tech, aperto al pubblico tutti i

giorni dalle sette del mattino alle nove

di sera.

L’offerta (da fast food) era diversificata

e arriva da quattro brand diversi e da

quattro cucine con le proprie tipicità

gastronomiche: quella tipica america-

na con i classici hamburger e patati-

ne di 3B (Bacon, Burger & Beer), che

servono pancetta artigianale e birre,

quella italiana con panini e insalate

di Fornetti con una gamma variata di

piatti di pasta e pane fresco preparato

e cotto al momento, la terza è una

cucina asiatica con lo stand di Farm

Red, che serve Dim Sum, tagliatelle

e gnocchi di Joe Ng, l’ultimo brand è

La stampa caffetteria e pasticceria, ma

la particolarità e la novità stava nella

modalità di ordinazione.

Il primo approccio del cliente, infatti,

non era con il cibo, ma con una serie

di schermi touchscreen attraverso i

quali ordinare direttamente senza il

filtro dell’addetta. Dopo l’ordine e il

pagamento, che poteva essere fatto

solo con carta di credito, il cliente rice-

veva un sms con l’avviso che il piatto

era pronto e poteva quindi recarsi a

ritirarlo in uno dei chioschi del locale.

L’introduzione di tools tecnologici per

i clienti è un fenomeno nuovo, prima

la tecnologia era riservata agli opera-

tori per migliorare il servizio, ora an-

che nella ristorazione il passo è stato

quello di eliminare personale quindi

costi investendo invece in tecnologia

e immagine.

La domanda è se in questo modo real-

mente si percepisce unmiglioramento

dell’esperienza di acquisto.

Sicuramente il servizio migliora dal

punto di vista funzionale del gestore.

Ma migliora anche dal punto di vista

del cliente? Sicuramente la qualità del

cibo rimane l’unica vera esigenza ed

è il parametro vero per verificare la

qualità generale del locale.

L’esperienza della scelta mediata dai

touchscreen sarà comunque efficace?

Il fatto di fare un ordine (che suppon-

go sia più veloce) e di farlo in modo

“diverso dal solito” compensa il fatto

di non parlare con il personale? Op-

pure l’impersonalità è una scelta volu-

ta e coerente al tipo di offerta?

Personalmente ritengo che il cibo sia

sempre più diventato un elemento

“pleasure” e, in questo senso, il di-

stacco estremo con la naturalità delle

relazioni interpersonali può essere

difficile da accettare. Il presente-fu-

turo, vale a dire la forte spinta conti-

nua verso l’innovazione tecnologica

ad ogni costo, ci costringe a riflettere

sul futuro del meccanismo di acquisto

a 360° e quindi anche sul futuro della

ristorazione su grande scala.

Probabilmente in questa epoca anco-

ra di passaggio, avere tutte e due le

esperienze sarebbe stato consigliabile:

avere quindi due aree differenti, una

con la solita paffuta operatrice che

spiega - anche se non sempre con il

sorriso - il menu e l’altra area con mo-

nitor e sistemi di pagamento automa-

tico. Altra soluzione potrebbe essere

quella di integrare nell’arredamento

gli elementi tecnologici rendendo lu-

dico questo aspetto anziché tenerlo

sterile come azione impersonale.

SETTEMBRE 2012

Mixer

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Foodparc era una sorta di mecca del

food high-tech. Il primo approccio del

cliente ra con una serie di schermi

touchscreen (in alto) per ordinare

direttamente senza il ltro dell’addetto