I
o ho un rapporto molto diretto con il
vino, quasi viscerale. Di pancia, non
solo di testa. Ho sostenuto spesso, e lo
sostengo tuttora, che i primi istanti siano
fondamentali per capirlo, comprenderlo.
Ovvio che i grandi vini, quelli che hanno
realmente qualcosa di complesso da svelare,
hanno bisogno di più tempo per donare il
meglio di sé, soprattutto se hanno trascorso
molti anni in bottiglia prima di venire aperti.
Ma quello che sostengo è che il primo impatto
è fondamentale. Lì si giocanomoltedelle carte
che poi il contenuto che abbiamo nel bicchie-
re è in grado si svolgere più compiutamente
col passare dei minuti. Difficile che un vino
“muto” o con palesi difetti poi migliori mira-
colosamente. Certo, ci sono vini più “timidi”
a darsi immediatamente, ma anche in questo
caso la stoffa emerge, o bisognerebbe essere
in grado di percepirla, anche da quei primi
istanti nei quali ci si approccia con i sensi alla
degustazione. E questo vale anche per quella
particolare categoria della quale tutti parlano
e che viene definita genericamente facente
parte dei cosiddetti vini “naturali”.
Ne discutono oramai tutti: dai tecnici agli ap-
passionati, dalle testate generaliste e quelle
specializzate. Ora, non voglio entrare nella
disputa circa l’uso o meno corretto di questo
termine che, ovviamente, non riesce adessere
esaustivo del multiforme mondo che vorreb-
be rappresentare. Al suo interno troviamo di
tutto: storiche realtà, diciamo tradizionali, che
da sempre portano avanti un certo tipo di
approccio sia in vigna che in cantina, e altre
invece nettamente più giovani. C’è chi ha op-
tatoper lastradadellacertificazionebiologica,
chi verso quella biodinamica – anche se è
bene ricordare che le due cose sono diverse,
a partire proprio dalla certificazione, che nel
primo caso è regolata da una legge europea
e nel secondo caso no -, altri che invece pre-
feriscono seguire una loro strada autonoma
e indipendente.
Per forza di cose, ma anche perché è il bel-
lo del mio lavoro, io non ho preclusioni nei
confronti di nessuna tipologia: sia per i vini
oradefiniti “convenzionali” cheper quelli “na-
turali” mi confronto come ho detto sopra.
Un approccio diretto, sincero, immediato, per
capire se c’è pulizia olfattiva, ma soprattutto
anima, carattere, slancio. Trovo vini di grande
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mixer
marzo 2014
Il sommelier
gestioni e impresa
Un degustatore, un sommelier, un appassionato, devono cambiare il
proprio modo di giudicare un vino a seconda della filosofia produttiva
che lo ha fatto nascere? Dobbiamo essere disposti a perdonare difetti o
imprecisioni se sappiamo che nascono da un’agricoltura “naturale”?
Vini “naturali”.
Unmodo diverso per
degustarli? Non penso
Luca Gardini
Romagnolo verace,
Luca Gardini inizia
giovanissimo la sua
carriera, divenendo
Sommelier Professionista
nel 2003 a soli 22 anni,
per poi essere incoronato,
già l’anno successivo,
miglior Sommelier d’Italia
e -nel 2010- Miglior
Sommelier del mondo.