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Ma sono molti i Paesi in cui
l’indicatore supera la soglia del
40% ed in alcuni si sfiora addi-
rittura il 50%.
Gli effetti sulla redditività delle
imprese sonopesanti. Contabi-
lizzando nelle spese per il per-
sonale anche il lavoro prestato
dagli indipendenti otteniamo
un risultato impressionante:
la redditività delle imprese di
pubblico esercizio nel nostro
Paese è inconsistente se non
addirittura negativa. Nel 2011
il margine operativo lordo per
impresaèstatoparia2.900euro
sotto lozero. InEuropaha fatto
peggiodinoisololaSpagnacon
un Mol a -3.600 euro.
La conseguenza è che il nostro
modello di offerta si “regge” su
un sistema imprenditoriale che
non può fare a meno del lavo-
ro degli indipendenti. Senza di
esso difficilmente starebbe in
piedi. è allora evidente come
questeimpresesianoprincipal-
mente fontedi redditi da lavoro
per gli stessi imprenditori anzi-
ché da capitale come in linea
di principio dovrebbe essere.
Qualcuno potrebbe obiettare
che scontiamo, in questo co-
me in altri settori, un gap di
competitività che dipende dal
sistemapaese.èsenz’altrovero,
masolo inparte. Perchéc’èuna
specificità del pubblico eserci-
zio anche quando spostiamo il
confronto dall’esterno all’inter-
no. Basta confrontare il livel-
lo di produttività dei pubblici
esercizi con quello dell’intera
economia o con quello di un
compartocontiguocomequello
alberghiero. I pubblici esercizi
escono dal benchmark con le
“ossa ammaccate”.
la crisi
è in questo contesto che entra
in campo la crisi. Iniziata in
sordina e con un certo ritar-
do rispetto ad altri mercati sta
dispiegando ora gli effetti più
negativi. Nel corso del 2013 la
domanda è ulteriormente cala-
ta, il saldo tra aperture e chiu-
sure è stato ancora negativo,
ore di lavoro ed occupati sono
risultati in contrazione.
Afrontediunariduzionedeifat-
turati le imprese si sono trovate
a gestire consistenti aumenti di
costi, soprattutto sul versante
dellatassazionelocale.Sebbene
a livello generale la pressione
fiscale sia la medesima per tut-
te le imprese, su alcune tasse
c’è una specificità dei pubblici
esercizi.BastipensareallaTares
dove le imprese hanno subito
incrementi del 300-400%. Un
bar di 100 mq. che prima pa-
gava 400 euro oggi si ritrova a
pagarne 1.700. Un ristorante di
200 mq. passa da 800 a 4.700
euro.
Senza parlare, poi, dell’aumen-
to dei costi dei locali sia per
quellidiproprietàcheperquelli
inlocazionepereffettodelcom-
binato disposto di Imu e affitti.
In un contesto tanto difficile
non si può aspettare che passi
la buriana. Bisogna imparare a
navigare nel mare in tempesta
dotandosi di ogni strumento
utile ad andare “oltre la crisi”.
Nuovi modelli di organizzazio-
ne del lavoro, innovazione, co-
municazione,promozionesono
soltanto alcune delle direttrici
che occorre esplorare per
“adattarsi” al cambiamento
in attesa di tempi migliori.
Perché quando la crisi si sarà
attenuata sarà decisivo esse-
re ancora “sull’onda”.
M
marzo 2014
mixer
45
gli indicatori
l’offerta
Con 4,3 imprese per 1000
abitanti abbiamo una densità
tra le più alte d’Europa
la dimensione
Le imprese di pubblico
esercizio italiane hanno
mediamente 3,9 addetti e
un fatturato di 200mila euro
la produttività
Il valore aggiunto per
addetto non arriva a 18mila
euro; l’incidenza del valore
aggiunto sul fatturato è solo
pari al 35,4%
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