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abbiamo la necessità di erogare
un caffè dietro l’altro, la resisten-
za danneggiata dal calcare non
è in grado di scaldare l’acqua
fredda proveniente dalla rete e
nel momento in cui l’acqua non
raggiunge la temperatura idonea,
tutti i caffè realizzati risultano
sottoestratti». Oltre ad abbassa-
re la capacità termica e causare
problemi di spreco energetico,
è chiaro che il calcare influenza
la riuscita di una buona tazza
proprio perché influenza la tem-
peratura dell’acqua.
Il sistema di trattamento o depu-
razione dell’acqua più comune e
diffuso è l’addolcitore che vie-
ne montato all’ingresso dell’im-
pianto idrico per agire sull’acqua
prima che questa venga spinta
all’interno della caldaia. L’addol-
citore funziona tramite resine a
scambio ionico che vanno rige-
nerate con il cloruro di sodio,
ossia il comune sale grosso. Lo
scambio avviene proprio tra gli
ioni di calcio e magnesio e gli
ioni di sodio.
Esistono addolcitori manuali
e addolcitori automatici. Con
quello manuale il barista ha il
compito di mantenere il sistema
attivo, aggiungendo periodica-
mente il sale grosso per rige-
nerare le resine ed effettuare il
lavaggio usando correttamente i
rubinetti di apertura e chiusura
dell’addolcitore. Il momento in
cui intervenire dipende molto
dalla durezza dell’acqua e dalla
mole di lavoro del bar, cioè dai
metri cubi d’acqua che passano
attraverso la macchina per ero-
gare un certo numero di caffè
al giorno. Anche l’addolcitore
automatico effettua i cosiddetti
lavaggi ed il barista, in que-
sto caso, deve ricordare solo
di aggiungere il sale una volta
esaurito.
Perché è fondamentale non
dimenticare le manutenzioni?
«Nell’addolcitore tradizionale, le
resine trattengono il calcare fino
a quando, a seconda del grado di
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